Gli enologi in difesa del Made in Italy

di Riccardo Cotarella

 

Prošek, versione croata, improbabile e meschina del nostro Prosecco. È l’ultimo tentativo di una lunga serie di assalti al Made in Italy della tavola italiana. Il fatto che sia arrivato in Gazzetta europea e chiami comunque le istituzioni di Bruxelles alla valutazione, è l’ennesimo campanello di allarme da non sottovalutare. Tantomeno da noi, che siamo custodi e promotori dei sapori e dei saperi del vino italiano. Adesso, per quanto concerne le procedure, la parola passerà alla Commissione agricoltura dell’Ue, che dovrà pronunciarsi se accettare o respingere Prošek. Lo farà dopo aver esaminato anche le obiezioni che arriveranno, si spera copiose, dall’Italia. Vogliamo augurarci che non ci siano spazi di manovra per consentire ai produttori dei Balcani di scipparci questo brand ormai affermato in tutto il mondo, le cui vendite sono sempre in costante ascesa, grazie soprattutto al sapiente lavoro sulla qualità che noi enologi abbiamo saputo fare. Quindi, massima attenzione. Anche perché il caso Tokaji, versione ungherese del nostro Tocai, lo ricordiamo fin troppo bene.

A confortarci è la reazione vibrante che è arrivata dal governo italiano, attraverso il ministro all’Agricoltura Stefano Patuanelli, che invitiamo a non retrocedere per nessuna ragione al mondo in questa battaglia a difesa delle nostre eccellenze agroalimentari. E noi saremo al fianco del governo, pronti a qualsiasi iniziativa per sventare quello che appare come l’ennesimo tentativo di un vero e proprio scippo. Già perpetrato negli anni con altri prodotti: uno su tutti il Parmesan, un falso da due miliardi di euro che danneggia ogni anno il nostro Parmigiano Reggiano, come qualche mese fa ebbe modo di sottolineare Nicola Bertinelli, presidente dell’omonimo Consorzio di tutela del nostro formaggio più famoso nel mondo. Addirittura, qualche anno fa, una ricerca della Coldiretti svelò che all’estero ben 6 prodotti alimentari su 10 erano dei falsi Made in Italy.

La situazione come si può ben comprendere è grave e va posto un freno legislativo immediato. Perché, se ai palesemente falsi aggiungiamo anche prodotti stranieri che richiamano il meglio dei brand del nostro Paese con tanto di legittimazione istituzionale, rischiamo davvero di vederci sottrarre un patrimonio imprenditoriale, economico, sociale e culturale inestimabile. La difesa del Made in Italy, dal vino fino ad arrivare a tutti gli altri prodotti concepiti e sviluppati sul nostro territorio, deve essere ad oltranza.

Il governo e tutte le istituzioni preposte a farlo devono garantire il proprio sostegno ai vari Consorzi di tutela e lo devono fare attraverso concrete azioni e se necessario anche con iniziative giudiziarie tese a salvaguardare il patrimonio che l’Italia si è costruita soprattutto dal dopoguerra ad oggi. Ancora più efficace deve essere la difesa e la tutela dei brand italiani in questa fase storica post Covid, dove, per altro, il post è più un auspicio che non una realtà acclarata. In ballo ci sono miliardi di euro, che le nostre imprese potrebbero vedersi mancare negli utili di fine anno, con ripercussioni serissime sul fronte occupazionale.

E a risentirne, nell’efficacia, sarebbe anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato all’Europa dal governo Draghi. In attesa che le massime istituzioni continentali mettano una volta per tutte mano a un regolamento che tuteli le specificità agroalimentari di ogni singolo Paese dell’Unione, ai vicini croati non possiamo che ricordare che il nostro Prosecco, unico e inimitabile, ha una storia che parte da molto lontano. Le prime menzioni risalgono addirittura alla fine del 1300. Secoli di bollicine che hanno accompagnato i momenti più belli della nostra vita. E continueranno a farlo. Ma il brindisi più bello lo riserviamo per quando sarà legge il divieto di scopiazzare maldestramente le nostre eccellenze. Quel giorno Prošek si leggerà magicamente Prosit.