Le sfide poste dal cambiamento climatico al tecnico vitivinicolo

di Antonio Tirelli e Laura Toffolatti

 

Dall’inizio degli anni ’80 dello scorso secolo il lavoro del tecnico vitivinicolo si è via via orientato da criteri produttivi quantitativi a quelli qualitativi attraverso l’applicazione di affidabili conoscenze scientifiche e tecniche, acquisite con il crescente dialogo con il mondo della ricerca scientifica. Tuttavia, i criteri qualitativi fino a poco tempo fa applicati si stanno rapidamente modificando divenendo di complessità crescente e assumendo tratti che a volte possono avvicinarsi alla schizofrenia, poiché il mercato ricerca sempre più prodotti ecosostenibli, che ricordino il “naturale”, il “tradizionale” o persino “l’ancestrale”. Pure sollevano interesse commerciale prodotti vinicoli nuovi quali quelli a ridotto tenore alcolico. Tali richieste sono in evidente contrasto con l’applicazione dei sistemi produttivi vitivinicoli razionali e faticosamente acquisiti, tanto più nella prospettiva di dover affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici e dall’emanazione di norme europee giustamente volte a tutelare la genuinità e la ecosostenibilità della produzione vitivinicola.

Il lavoro dell’enologo è diventato molto più complesso

 

Tali cambiamenti climatici, particolarmente visibili nelle regioni europee a vocazione viticola, sono riconoscibili non solo dal continuo incremento delle temperature ambientali medie, ma anche dall’aumento della temperatura dei suoli, dall’alternanza di lunghe stagioni secche e periodi di forte piovosità e dall’aumento dell’irraggiamento solare in alcuni periodi. Conseguenze finali di questi fenomeni sono, fra gli altri, cali di produzione, alterazioni della durata delle fasi fenologiche della pianta, della sua fisiologia, dell’accumulo di metaboliti primari (zuccheri e acidi) e secondari (fenoli ed aromi) nelle bacche, della microflora del suolo e della capacità di adattamento di infestanti e agenti patogeni autoctoni o alloctoni. Ne derivano disaccoppiamenti fra maturità tecnologica, cellulare, fenolica e aromatica, perdita di tipicità del prodotto, difficoltà nella difesa sanitaria della pianta.
Soddisfare le moderne esigenze di mercato in questo quadro produttivo, peraltro complicato dalle modifiche normative a tutela dell’ambiente che riducono il novero di sostanze fitosanitarie disponibili, diviene una sfida sempre più complessa. Anche in vinificazione l’enologo deve attivare tutte le sue competenze tecniche per correggere le non conformità della materia prima e ottenere un prodotto quanto più vicino allo standard atteso.

 

Occorrono competenze approfondite della scienza

 

ueste competenze non possono prescindere da un’approfondita conoscenza degli aspetti scientifici che arricchiscono la viticoltura e l’enologia razionali. Basti pensare alle tecniche di gestione della chioma, di irrigazione e nutrizione, come pure all’adozione di nuovi portainnesti adatti a climi più aridi o piovosi e resistenti a infezioni o all’introduzione di varietà d’uva ibride da tecniche di evoluzione assistita e resistenti ai principali patogeni. Immaginare produzioni sostenibili ecologicamente e al contempo economicamente attraverso sistemi diversi è oggi poco plausibile, dato che l’agroecosistema non è un ecosistema naturale e le regole che vi si applicano sono differenti. Comprenderle permetterà di proporre ai consumatori prodotti che derivino da un processo realmente sostenibile. L’impiego di sostanze naturali meno efficaci nella difesa, porta irrimediabilmente a un numero di trattamenti molto elevato e a maggiore inquinamento con un risultato che più difficilmente soddisfa le attese della tutela di prodotto e ambiente.
Inoltre, condizioni stagionali sempre meno prevedibili e mutevoli negli effetti, in funzione della regione in cui si verificano, insieme a esigenze orientate dal mercato come l’adozione delle pratiche in regime biologico, impongono una sempre più profonda conoscenza del sistema vigneto e delle potenzialità offerte dagli strumenti enologici disponibili.

 

Le varietà resistenti come possibile strada contro le malattie

 

Annate come questa, caratterizzate da precipitazioni eccessive in areali nei quali normalmente queste non si verificano, mettono a dura prova la capacità dei viticoltori di difendere il vigneto dalle malattie. L’impossibilità di poter effettuare trattamenti con prodotti fitosanitari in maniera tempestiva ha portato in molte regioni del Sud Italia a danni produttivi irreparabili, per via dell’andamento epidemico della peronospora. Preoccupazioni in tal senso si riscontrano anche nelle regioni più avvezze al suo contenimento e dove si segnalano forti attacchi. Quanto successo porta sicuramente a riflessioni importanti anche sulla coltivazione delle varietà resistenti. Recentemente il regolamento Ue 2021/2017 ha esteso anche ai vini Dop la possibilità di utilizzare varietà ottenute “da incroci tra Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis”.
In un’annata piovosa come questa, poter fare affidamento sul meccanismo di resistenza della pianta avrebbe potuto sicuramente aiutare a limitare i danni causati dalla peronospora. Tuttavia, l’adozione cultivar resistenti non è una bacchetta magica in grado di eliminare le malattie.
Come tutti i mezzi, anche questa, ha i propri limiti e va gestita per evitare la selezione di ceppi del patogeno in grado di superare i meccanismi di difesa della pianta. La consapevolezza dei limiti dei mezzi di protezione non deve scoraggiare il viticoltore, ma renderlo consapevole dell’importanza di impiegare in maniera armonica i diversi strumenti agronomici, genetici e chimici per raggiungere una produzione di qualità e sostenibile.
Anche modelli metereologici previsionali attendibili, in grado di fornire indicazioni utili a prendere decisioni in merito alla necessità di intervento con prodotti fitosanitari, sono sempre più uno strumento di uso comune per il tecnico. Servizi di assistenza e/o informazione tecnica si stanno organizzando in maniera via via più capillare. Le tecniche di agricoltura 4.0 possono aiutare molti, ma bisogna favorire la formazione e l’aggiornamento di coloro che devono comprenderle e adottarle.
Per orientarsi nel dedalo delle moderne sfide produttive l’enologo deve trovare orientamento nel filo di Arianna costituito da una sempre più approfondita conoscenza tecnica, acquisibile con una formazione aggiornata che integri fra loro gli aspetti della filiera vitivinicola. Presupposti per questa condizione sono sia una continua collaborazione fra i tecnici vitivinicoli e le istituzioni di ricerca, che il continuo aggiornamento scientifico e tecnico dell’enologo.