Il vino sotto attacco. Considerazioni e strategie per la sua tutela

di Luigi Bavaresco

Sintesi della relazione tenuta il 9 novembre 2023 presso la Hungarian University of Agriculture and Life Sciences (MATE), Budapest, in occasione della 5^ Conferenza Nazionale di Viticoltura ed Enologia.

In questi ultimi tempi il vino è diventato oggetto di atteggiamenti ostili da parte della lobby anti-alcol, la quale non distingue tra il vino e le altre bevande alcoliche e lo considera solo come fonte di alcol e quindi dannoso per la salute, indipendentemente dalla dose. Recentemente (2023) l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha rilasciato un documento (Reporting about alcohol – a guide for journalists) dove la prima frase dell’abstract è molto drastica: “non esiste un consumo sicuro di alcol”. Anche il Parlamento europeo (Commissione straordinaria contro il cancro – Beca) ha pubblicato (nel 2021) un documento su cancro e alcol dove si esprime lo stesso concetto. Un altro evento è la controetichetta imposta dall’Irlanda sulle bottiglie di vino con un “health warning” circa il legame tra alcol e cancro.

Ci sono però anche voci positive per il vino che provengono sia dal mondo scientifico che dalla società. Sul fronte scientifico molto nota è la “J-shaped curve” che dice come il rischio di mortalità di un astemio sia più elevato di chi assume moderatamente alcol (ad esempio 20 g/giorno). Il vino inoltre contiene altre sostanze quali i polifenoli (tra cui il resveratrolo, il piceatannolo, le viniferine, il tirosolo, i flavonoli, ecc.) e la melatonina che hanno capacità antiossidanti e riducono il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari. Un recente studio (Hrelia et al., 2023) ha dimostrato che un consumo moderato di vino non solo non aumenta il rischio di malattie croniche degenerative ma è associato a benefici per la salute, specie se inserito nel modello alimentare della dieta mediterranea.

E’ interessante notare inoltre come il rapporto tra alcol e gli antenati dell’uomo sia remoto: una ricerca del 2015 (Carrigan et al.) dimostrava la capacità di individui vissuti circa 10 milioni di anni fa (esseri viventi a cavallo tra le scimmie e i primi ominidi) di metabolizzare l’alcol; non era l’alcol del vino, ma probabilmente alcol formatosi dalla fermentazione spontanea di frutta caduta a terra e rappresentava un adattamento di quegli individui a condizioni alimentari limitanti.

Sul fronte della società vorrei ricordare l’associazione Wine in Moderation che lancia un messaggio molto semplice: l’abuso di alcol (“binge drinking”) è dannoso per la salute, ma un consumo moderato e consapevole di vino (per una persona sana) è positivo sia per il corpo che per la mente.

Il rischio di una criminalizzazione del vino è comunque reale e il mondo produttivo ne è consapevole; una delle azioni più forti che il Ceev (Comité Européen des Enterprises Vins, con sede a Bruxelles) sta facendo da anni è proprio nella direzione di contrastare il potere crescente della lobby anti-alcol. Anche associazioni quali Assoenologi sono impegnate fattivamente su questo fronte.
I rischi concreti di questi atteggiamenti ostili sono soprattutto due: il primo, sul fronte del consumo, è una sua drastica riduzione con conseguenze nefaste su tutta la filiera, visto che il consumo è il traino di tutto il sistema; il secondo, sul fronte della produzione, è l’eliminazione di aiuti pubblici (ad esempio dell’Ue) per il settore vitivinicolo, con conseguenze negative per la competitività delle imprese.

Cosa fare per contrastare tutto questo? Tralasciando altri aspetti medici (dove chi possiede le competenze può confutare certe posizioni), sono due, a mio avviso, le strategie da adottare per fronteggiare questa deriva.

Le strategie per salvare il vino dalle lobby anti alcol

La prima strategia è enfatizzare la valenza culturale del vino, considerando che condivide la storia di una parte dell’umanità da millenni ed è fortemente radicato nel vissuto di molti popoli. Il vino si ottiene dall’uva proveniente da Vitis vinifera (la specie più importante per la produzione di uva a fini commerciali) che è stata domesticata circa 11.500 anni fa nella zona trans-caucasica e nel Levante e da lì si è diffusa in altre zone dell’Asia, in Africa e in Europa. Il primo riferimento storico alla produzione di vino risale a circa 8.000 anni fa (Mc Govern et al., 2017), in una località a poche decine di chilometri a sud di Tbilisi (capitale della Georgia). Altre evidenze scientifiche ci dicono che successivamente a quella datazione il vino era prodotto in altre zone dell’antichità (Persia, Grecia, ecc). Al passato remoto appartiene anche il vino che fece ubriacare Noè, ottenuto dall’uva di una vigna piantata subito dopo il diluvio universale (Genesi 9, 20-21). Il vino è quindi opera dell’uomo, ma al contempo è specchio di un territorio, con i suoi aspetti fisici e antropici, presentando non solo valenze materiali, ma anche immateriali. Scriveva Richard Feynman (Premio Nobel per la Fisica nel 1965 e amante del vino): “se osserviamo con attenzione un calice di vino, vi scopriamo l’universo intero; si tratta di aspetti legati alla fisica, alla chimica, alla geologia, alla psicologia, al fermento della vita stessa”. È quindi più corretto parlare di vini e non di vino, che fanno riscoprire i valori del mondo rurale, capaci di dare emozioni, che hanno ispirato/contaminato (in senso positivo) diverse espressioni del pensiero umano, quali opere letterarie e opere d’arte, rappresentando anche convivialità e socialità (nella dieta mediterranea), essendo in molti casi essi stessi opera d’arte (come risultato di competenza tecnica, passione, genialità); per i credenti inoltre il vino rappresenta note di sacralità.
Una persona appassionata, conscia del valore culturale del vino è difficile possa essere indotta ad abbandonarlo in seguito alle campagne ostili al suo consumo; è cruciale però conquistare a questa visione positiva le future generazioni facendo loro capire che il vino è un prodotto per tutti, è “cool”, moderno, piacevole, e che berlo rappresenta uno stile di vita. Bisogna però interagire con i giovani mediante modalità/linguaggi che essi normalmente usano, e quindi è necessario avvalersi di specialisti della comunicazione per far passare questo messaggio.

La seconda strategia è quella di implementare l’approccio di sostenibilità del settore viti-vinicolo. Questo aspetto può sembrare avulso dall’argomento vino-salute, ma se lo mettiamo accanto alla comunicazione del valore salutistico e culturale del vino (sempre assunto in maniera consapevole), anche la sostenibilità (soprattutto ambientale e sociale) può aiutare. La viticoltura da vino contribuisce a produrre ricchezza, a dare occupazione, è elemento di stabilità sociale (oltre che di tutela ambientale) nei luoghi dove viene praticata, in particolare in zone difficili (forti pendenze, montagne, piccole isole), di recupero di persone a forte disagio (comunità di ex-tossicodipendenti, carcerati, ecc.). Se fatta in maniera sostenibile permette di aumentare la biodiversità (sia nel terreno che nell’ambiente circostante), con effetti benefici per tutta la biosfera, di mitigare gli effetti negativi del cambio climatico, in altre parole migliora la qualità della vita. Infine, la bellezza di un paesaggio viticolo è appagante per un visitatore e questo rappresenta un bene immateriale che va a nutrire lo spirito. L’auspicio proibizionistico della lobby anti-alcol annullerebbe tutto questo; sarebbe migliore però, nel suo complesso, un mondo così impoverito? Per favorire però il potenziamento di queste azioni legate alla sostenibilità è auspicabile una armonizzazione dei vari sistemi di certificazione presenti in Italia, che non è ancora avvenuta.

La battaglia a favore del vino è ardua, ma l’auspico è che si faccia strada anche la lobby del buon senso che, su basi razionali e non emotive, riconosca che questo prodotto, assunto in maniera consapevole e ottenuto in maniera sostenibile, non rappresenta un pericolo per la salute anzi è un elemento caratterizzante e identitario del nostro paese e di gran parte dell’Europa.

Bibliografia

• Carrigan M.A. Uryasev O., Frye C.B., Benner S.A. (2015) – Hominids adapted to metabolize ethanol long before human-directed fermentation. Proc Natl Acad Sci USA, 112 (2): 458-463.https://doi.org/10.1073/pnas.1404167111.
• Hrelia S., Di Renzo L., Bavaresco L., Bernardi E., Malaguti M., Giacosa A. (2023) – Moderate wine consumption and health: a narrative review. Nutrients, 15, 175. https://doi.org/10.3390/nu15010175.
• Mc Govern P, Jalabadze M, Batiuk S, Callahan MP, Smith KE, Hall GR, Kvavadze E, Maghradze D, Rusishvili N, Bouby L, Failla O, Cola G, Mariani L, Boaretto E, Bacilieri R, This P, Wales N, Lordkipamidze D (2017) – Early Neolithic wine of Georgia in South Caucasus. Proc Natl Acad Sci USA Nov 28;114(48):E10309-E10318