Un nuovo modo di raccontare il vino

di Luciano Ferraro

“Difficile, troppo difficile”. Al termine di una lezione sul vino al master dell’Academy di Rcs-Corriere della Sera, chiedo agli studenti quali fossero le loro fonti per cercare informazioni su etichette e cantine. Davanti alla cattedra c’era una ventina di ragazze e ragazzi con il pc al posto dei quaderni, da ogni parte d’Italia. Tutti laureati, alcuni anche in università con indirizzi tra il gastronomico e il turismo. Giovani che frequentano il corso per trovare un lavoro che li appassioni. Alcuni sognano di diventare giornalisti di cibo e vino, altri si immaginano comunicatori in qualche agenzia, qualcuno punta a un impiego in una cantina.

Prima di parlare, mostro un’immagine del film “L’amore infedele” con Richard Gere e Diane Lane, un drammone romantico del 2002 con lui che ama lei, ma lei ama un altro lui. In una delle prima scene, Richard Gere raggiunge Manhattan a bordo di una motonave. Nella cabina, tutti i passeggeri, ma proprio tutti, leggono un giornale di carta. I volti non si vedono, nascosti dalle lenzuolate di carta e inchiostro. Ventidue anni dopo, basta guardarsi attorno dalla poltroncina di un treno o dal sedile di una carrozza della metropolitana per accorgersi che ha perso significato la definizione dei giornali come “la preghiera del mattino dell’uomo moderno” (lo disse George Wilhelm Friedrich Hegel, era il 1820). I giornali di carta sono sostituiti dai telefonini. Parlo della trasformazione del giornale che oggi è diventato un diventato un dispensatore di notizie su carta, internet, social, newsletter, podcast e via e via. Mai avuti così tanti lettori, grazie ai telefonini. È lì che si informano i ragazzi della Generazione Z che frequentano il master?

Tutti rispondono che, per quanto riguarda il cibo, la gastronomia, l’arte della cucina e della tavola, nessun problema. Esistono siti internet e app che spiegano e raccontano. E il vino? Un ragazzo pugliese che sta cercando la sua strada a Milano risponde che è un mondo “difficile”, si capisce poco di quello che predicano gli esperti, i sommelier e tutti gli altri tecnici. E tutti gli danno ragione. Il ragazzo pugliese si fida solo del proprietario di una enoteca di quartiere che gli fa scoprire qualche bottiglia fuori dalla norma, con frasi semplici sulla provenienza e sul produttore. E ancor una volta, tutti dicono che sì, è vero, solo in enoteca si capisce qualcosa di vino. Un giovane, l’unico dell’intera classe, dopo una lunga premessa sulla difficoltà (ancora!) di approccio al mondo di rossi, bianchi e spumanti, cita una app, Vivino, usata soprattutto per leggere le recensioni degli altri utenti. È un racconto sconfortante? Magari sì, ma è anche una base per la ripartenza.
Sarebbe però riduttivo pensare che ad allontanare i giovani dal vino sia solo il linguaggio troppo tecnico, i bizantinismi delle leggi in materia tra disciplinari complessi e regole da avvocaticchi. Ciò che manca per conquistare le nuove generazioni è un nuovo modo di raccontare il vino, usando anche le piattaforme digitali dove i ragazzi si informano. Per quanto riguarda il linguaggio, un solo esempio, tratto da un articolo che lo scrittore Alberto Moravia scrisse più di mezzo secolo fa per il Corriere della Sera, raccontando il suo viaggio in Spagna: “Il vino andava giù molto volentieri e non ubriacava. Era il vino che ci voleva e rassomigliava alla terra sulla quale stavamo sdraiati, così calda, aspra e rude, genitrice di uomini di carattere, di tori focosi e di donne appassionate”. Quale modo migliore per rivelare il legame tra il vino e il territorio in cui nasce? Ci sono molti altri modi per descrivere un vino, ma se si riesce a trasformarlo in un contenitore di cultura e di storia, tutto diventa comprensibile e affascinante.

Chi acquista e beve cerca suggestioni, vuole essere coinvolto nella storia della cantina e del vignaiolo. Rispondere a questo desiderio diverso di conoscenza è vitale per il futuro del vino, non solo in Italia. Se il consumo generale continua a ridursi, bisogna allargare il più possibile la platea degli appassionati e dei semplici consumatori saltuari.
Negli ultimi sondaggi sul tema (ad esempio quello presentato da Denis Pantini di Nomisma all’ultimo congresso di Assoenologi a Brescia) sono chiari i valori che le giovani generazioni cercano: il vino come esperienza, il vino sostenibile e il vino bevibile (riferendosi allo stile). Dare risposte ai ragazzi che, come quelli del master, considerano “difficile, troppo difficile” il mondo del vino, è uno dei modi per garantire un futuro di certezze e modernità a un settore carico di fascino.