Il mercato, che “passione”

di Riccardo Cotarella

Vinitaly è tra le più importanti kermesse al mondo dedicate al vino ed è anche occasione di dibattiti e approfondimenti dedicati al settore della vitivinicoltura.
Da quattro anni a questa parte, vale a dire dall’emergenza Covid in poi, siamo chiamati a fare i conti con continue crisi e fibrillazioni internazionali che stanno mettendo a dura prova la tenuta imprenditoriale di mezzo pianeta. E questo impone, una volta di più, di fermarsi a riflettere su cosa stia accadendo ai mercati e quindi anche a quello del vino che, ovviamente, risente moltissimo delle congiunture negative che stiamo vivendo. Ho ricordato la pandemia, ma oggi stiamo vivendo qualcosa di ugualmente drammatico e cioè i conflitti che stanno portando morte e distruzione in Medio Oriente e in Ucraina. In mezzo a tutto questo e come logica conseguenza, il rialzo dell’inflazione con un’impennata dei prezzi a dir poco spaventosa e tassi di interesse che non si registravano così alti da oltre un decennio. Al punto da rendere complicato anche buttare giù bilanci di previsione. Il potere di acquisto delle famiglie si è notevolmente contratto, così da essere chiamate a scelte drastiche su cosa mettere nel cosiddetto carrello della spesa e di conseguenza è difficile che ci finisca una bottiglia di vino che non è un bene di prima necessità. Messa così sembrerebbe non esserci via di scampo e quindi non resterebbe che abbandonarsi alla rassegnazione. Parola che, nel mondo del vino e soprattutto degli enologi, è bandita. I vitivinicoltori sanno essere resilienti come pochi altri imprenditori al mondo, sono chiamati a fronteggiare quotidianamente le emergenze, a iniziare dalle avversità della natura e sono allenati a trovare soluzioni perché il lavoro di mesi non venga vanificato in un minuto. Questa capacità di saper continuamente soffrire e rinascere, imprenditorialmente parlando, è fonte di ottimismo. Dà la speranza, ma anche la consapevolezza, che pure questa volta sapremo uscire da una crisi che sembra non avere confini e spazi temporali. Forse non eravamo preparati a vivere tutto questo e tutto insieme, ma ce la faremo. Per riuscirci, non dico in fretta, ma il prima possibile, serve però una scossa, capace di rianimare i mercati e prima ancora la fiducia della gente. Purtroppo, con un quadro simile, non siamo esclusivamente noi gli artefici del nostro destino, ma occorrono degli interventi esterni – per così dire dall’alto – che possano rimettere le cose al loro posto e avviare l’auspicata ripresa. L’augurio è che le menti e i cuori di chi oggi ha imbracciato le armi, possano essere pervasi dalla voglia di pace. Perché in questo mondo c’è un assoluto bisogno di pace, così da garantire alle future generazioni un luogo migliore in cui vivere. L’appello è invece rivolto alle massime Istituzioni nazionali, europee e anche mondiali. Serve un nuovo approccio economico a favore delle imprese e delle famiglie. Occorrono politiche fiscali e monetarie mirate al benessere e alla ripresa, politiche che siano di impulso per un nuovo rinascimento economico e quindi sociale. Infine, c’è la parte che tocca a noi professionisti recitare. Parlo agli enologi. Il nostro contributo perché ci sia la scossa, lo possiamo dare soltanto mettendo a disposizione tutti noi stessi. La parola d’ordine per il bene del vino è una sola: qualità. Della quale, cari colleghi, siamo noi e solo noi custodi. Perché, come spesso mi ripeteva un mio carissimo amico imprenditore amante del vino, purtroppo non più tra noi, prendendo in prestito una frase di William Edwards Deming: “La qualità è soddisfare le necessità del cliente e superare le sue stesse aspettative continuando a migliorarsi”.