Cambiamento climatico, vino e conservazione ecologica

Cambiamento climatico, vino e conservazione ecologica

Estratto del lavoro “Climate change, wine, and conservation” di: Lee Hannah, Patrick R. Roehrdanz, Makihiko Ikegami, Anderson V. Shepard, M. Rebecca Shaw, Gary Tabor, Lu Zhi, Pablo A. Marquet, and Robert J. Hijmans – pubblicato sulla rivista PNAS | April 23, 2013 | vol. 110 | no. 17 | 6907–6912.
link per documento integrale                      https://www.pnas.org/content/110/17/6907

Cambiamenti climatici possono influenzare gli ecosistemi sia direttamente che indirettamente, ad esempio modificando l’utilizzo del territorio da parte dell’uomo con conseguenze sugli habitat di origine. Su questo secondo aspetto di impatto sugli ecosistemi dello spostamento/modifica delle coltivazioni agricole si è concentrata l’attenzione degli autori del lavoro qui riassunto.
Le produzioni vitivinicole si prestano bene allo studio degli effetti indiretti del cambiamento climatico sull’agricoltura. Innanzi perché tutto la sensibilità della viticoltura alle condizioni climatiche è ampliamente riconosciuta. In particolare, soprattutto temperature e regimi idrici sono considerati fattori primari di caratterizzazione dei terroir. In secondo luogo, la viticoltura si è sviluppata in regioni a clima mediterraneo (con estati calde ed asciutte ed inverni freddi e piovosi), globalmente considerate come punti caldi della biodiversità.
Secondo le previsioni a scala globale fatte degli autori, l’impatto del cambiamento climatico sulla viticoltura potrebbe essere sostanziale. Inoltre, se così fosse, si potrebbero creare conflitti riguardo le destinazioni d’uso del territorio agricolo con possibili ricadute sugli ecosistemi d’acqua dolce. Considerando le proiezioni relative ai possibili scenari futuri di emissione di gas serra (RCPs), gli studiosi prevedono drastiche diminuzioni delle aree vocate alla viticoltura nelle principali zone di produzione di vino. Considerando le proiezioni più catastrofiche (RCP 8,5) le aree vocate si ridurrebbero di una percentuale compresa tra il 25 ed il 73% entro il 2050. Con una proiezione meno pessimista (RCP 4,5), la riduzione risulterebbe comunque significativa (tra il 19 ed il 62%).
Il cambiamento climatico potrebbe quindi causare lo spostamento dei vigneti ad altitudini maggiori. Questo aumenterebbe l’impatto del cambiamento climatico negli ecosistemi degli altopiani. Ad esempio, il riscaldamento globale potrebbe causare la conversione di ambienti naturali in aree produttive a latitudini più alte, come, ad esempio, nell’America del Nord-Ovest. Se lo spostamento dei vigneti avverrà più rapidamente rispetto a quello della flora e della fauna spontanea, il danno ecologico sarebbe inevitabile. In generale, sia le attività di impianto (es. rimozione di flora spontanea), sia quelle di mantenimento del vigneto (es. trattamenti fungicidi) hanno indubbie ripercussioni negative sulla conservazione della biodiversità anche nel lungo periodo.
In questo contesto di riscaldamento globale, tentativi di mantenimento della produttività e della qualità nelle produzioni vitivinicole potrebbero anche essere associati ad un maggiore consumo di acqua per l’irrigazione o per tecniche di rinfrescamento tramite vaporizzazione. I ricercatori riportano considerazioni sull’uso dell’acqua per prevenire danni da gelo in California legate alla diminuzione di portata dei ruscelli, e prospettano gli effetti di potenziali conseguenze dell’adozione massiccia dell’irrigazione in un contesto di riscaldamento globale. Se così fosse, in prospettiva, si creerebbero potenziali effetti negativi sulla conservazione dell’acqua dolce.
Per questi motivi è importante valutare attività di adattamento delle tecniche agricole volte a conservare gli ecosistemi al fine di anticipare questi multipli effetti indiretti di danno ecologico, con ovvie conseguenze anche in ambito produttivo ed economico.
Alcune proposte strategiche degli studiosi per mantenere il mercato vitivinicolo all’avanguardia, senza provocare grossi danni ambientali, riguardano lo sviluppo di nuove varietà con profili sensoriali simili a quelle esistenti, ma tolleranza maggiore verso il clima atteso. A tal fine, i ricercatori suggeriscono anche di scindere le varietà dal territorio nelle denominazioni d’origine. In questo modo, nelle denominazioni più conosciute sarà possibile impiantare vitigni più resistenti, mentre le cultivar più “famose” potranno essere piantate altrove. In entrambi i casi il consumatore non sarebbe traumatizzato dal cambiamento mantenendo una certa riconoscibilità nei nuovi prodotti. Ovviamente questo dovrà essere accompagnato da nuove ricerche in ambito di tecnica colturale, volte, ad esempio, ed ottimizzare i sistemi di raffreddamento. Inoltre, potrebbero essere imposti limiti alle tecniche irrigue simili a quelli già presenti in alcune zone Europee anche nel resto del mondo.