Romagna nostra

di Riccardo Cotarella

 

Questo editoriale non può che iniziare con un pensiero commosso alle vittime e alle migliaia di persone sfollate dell’Emilia Romagna colpite dall’alluvione. Una catastrofe che ha messo in ginocchio anche il comparto agroalimentare e quindi tanti produttori di uve e vino. Assoenologi è al loro fianco ed è a disposizione per qualsiasi iniziativa di aiuto, utile a far ripartire questo territorio così duramente messo alla prova. E purtroppo sappiamo che anche alcuni nostri soci sono stati direttamente interessanti dalla catastrofe.
Ai presidenti delle Sezioni Emilia e Romagna Iacopo Giannotti e Pierluigi Zama chiedo di portare a tutti i colleghi produttori il nostro pensiero di vicinanza in questo momento così complicato.

Vedere quelle immagini è stata una enorme sofferenza, ma conosciamo tutti la capacità di ripresa e la laboriosità degli emiliani romagnoli e quindi siamo certi che riusciranno a risollevarsi presto e tornare ad essere quel grande polmone economico che sono sempre stati per il nostro Paese. Quello che è accaduto in Emilia Romagna, così come era successo nelle Marche nel settembre di un anno fa e ciclicamente accade un po’ in tutta la nazione, è più di un campanello di allarme: l’Italia è al centro di fenomeni meteorologici sempre più estremi che impongono misure straordinarie da adottare ad ogni livello di intervento. Si passa da mesi di siccità irreversibile, ad autentiche bombe d’acqua a carattere alluvionale. Si va dai 40 gradi perenni a centinaia di millimetri di acqua che cadono insistentemente su un’area ristretta. Secondo gli esperti le prossime stagioni saranno sempre più caratterizzate da questi andamenti meteorologici e questo da una parte ci deve indurre a comportamenti sempre più sostenibili ambientalmente per tentare di ridurre la violenza degli eventi, dall’altra ci richiede un nuovo approccio, soprattutto scientifico in vigna (in particolar modo) e in cantina. È impensabile continuare ad adottare tecniche e procedimenti di quando avevamo stagioni molto più regolari, questo è il tempo di avviare una nuova e più puntuale gestione dei nostri terreni. Anche se poi, in queste ultime settimane, abbiamo assistito in molti vigneti italiani a trattamenti eseguiti a mano, dato che i trattori erano impossibilitati a entrare nei filari a causa del terreno troppo bagnato. Se come enologi siamo chiamati a un lavoro straordinario, e lo dico in senso letterale, importanti saranno anche i contributi legislativi che il governo potrà mettere in campo per gestire questa nuova fase climatica. Gli ultimi eventi catastrofici hanno evidenziato, ancora una volta, la fragilità del nostro territorio. Sì bellissimo, ma di cristallo e che quindi richiede una cura costante perché non si sgretoli alla prima avversità. Di piani di interventi tesi alla prevenzione se ne parla da almeno 50 anni, soprattutto ogni qualvolta accade una tragedia. Adesso di tragedie ne accadono sempre più spesso e questo impone di agire in fretta e non più attraverso proclami. Occorre intervenire tempestivamente laddove le criticità idrogeologiche sono note da tempo, ma serve anche un piano per superare quei mesi di lunga assenza di piogge che rendono i nostri terreni praticamente pietrificati. Tanto induriti che poi sono incapaci di assorbire le piogge anche più contenute. Siamo dinanzi a una sfida epocale che vede la viticoltura interessata al pari, se non più, delle altre produzioni agroalimentari. Come Associazione degli enologi ed enotecnici italiani siamo, come sempre, pronti a dare il nostro contributo e sono certo che tutta la filiera del vino sia pronta a camminare nella stessa direzione. In questi casi solitamente si dice che si deve intervenire perché tragedie come quelle dell’Emilia Romagna non accadano più, poi puntualmente succedono di nuovo e quindi non resta che agire con determinazione senza perdere ulteriore tempo così da evitare di piangere altre vittime.