Il mercato mondiale del vino e le performance dell’Italia: bilancio 2022 e prospettive

di Riccardo Cotarella

 

Dopo un Vinitaly in grande ripresa, in cui sono stati discussi temi di grande attualità con i rappresentati di governo e le associazioni di categoria e in cui si è respirata un’aria di entusiasmo e fiducia per il futuro del vino italiano, ho voluto rivolgere alcune domande a uno dei più esperti conoscitori dei mercati mondiali. Denis Pantini è infatti il responsabile di Wine Monitor, l’Osservatorio di Nomisma dedicato al mercato del vino, nato con l’obiettivo di aiutare imprese e istituzioni della filiera vitivinicola italiana a interpretare correttamente le dinamiche del mercato.

Tra alti e bassi registrati sul mercato mondiale, il 2022 ha comunque consegnato all’Italia del vino un nuovo record nell’export. Come valuti il risultato raggiunto?

Guardando il bicchiere “mezzo pieno” si può dire che abbiamo sfiorato gli 8 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita dell’11% e ampliando così le distanze rispetto alla Spagna il cui export di vino si è fermato sotto la soglia dei 3 miliardi di euro. Tale risultato è stato raggiunto grazie ad una crescita superiore alla media in Canada, Francia, Giappone e anche Russia pur a fronte di tutte le difficoltà esistenti a causa della guerra.
Dall’altro lato però, considerando cioè il “bicchiere mezzo vuoto”, occorre anche segnalare come pure i francesi abbiano registrato un ulteriore record, sfondando il muro dei 12 miliardi di euro di export di vino, grazie soprattutto ad una performance sul mercato statunitense superiore alla nostra. Nel complesso, andando a confrontare i nostri risultati con quelli degli altri competitor, abbiamo “fatto meglio” di Spagna, Cile e Australia, mentre siamo cresciuti meno di Nuova Zelanda (+16%) e Stati Uniti (+12%).

 

Nel panorama mondiale dei consumi di vino, ci sono mercati emergenti che stanno apprezzando sempre di più i vini italiani?

Considerando i mercati dove esportiamo almeno 5 milioni di euro di vino, nel 2022 Indonesia, Tailandia, Vietnam e Perù hanno praticamente raddoppiato gli acquisti dall’Italia rispetto all’anno precedente. Si tratta di mercati in forte espansione nei consumi di vino, per quanto ovviamente partano da livelli molto bassi. In generale, si può ragionevolmente affermare che tutto il Sud-Est asiatico e il Centro-Sud America rappresentano aree dove le importazioni di vino stanno crescendo anno dopo anno, con un occhio di attenzione ai prodotti italiani.

 

Quali sono i vini italiani più esportati in questi mercati emergenti?

Nei paesi del Sud-Est asiatico sono soprattutto i rossi a farla da padrone, con preferenze verso quelli veneti, toscani e piemontesi. Poi ovviamente il Prosecco, che rappresenta una costante in tutti e quattro i mercati indicati precedentemente mentre nel caso del Perù occorre segnalare l’Asti che invece si configura come il principale vino Dop italiano consumato in questo paese: nel 2022, su 9,7 milioni di euro di vino italiano esportato, ben 3,2 milioni riguardavano Asti spumante (praticamente un terzo del totale).

 

Passiamo invece a considerare il mercato nazionale dei consumi di vino. Qual è il bilancio del 2022?

Sul mercato interno abbiamo assistito ad una riduzione degli acquisti nel canale moderno a libero servizio (Gdo) soprattutto sul fronte dei volumi. Un calo rispetto all’anno precedente di oltre il 6% influenzato dalla crescita dei prezzi al consumo a sua volta generato dalle tensioni sui mercati energetici e dagli incrementi nei costi degli input produttivi (vetro, carta, ecc). Dall’altro lato però, grazie soprattutto al ritorno dei turisti stranieri, si è registrata una forte ripresa dei consumi fuori-casa che hanno così controbilanciato il calo in Gdo, anche se occorre tener conto del fatto che i vini venduti nel canale on e off trade non sono sempre gli stessi e di conseguenza gli impatti di questo “switch” si sono fatti sentire sulle imprese in modo differente.
A tale proposito, guardando alle singole categorie vendute nella Distribuzione a Libero Servizio, i cali più rilevanti hanno interessato le tipologie premium, a dimostrazione di come l’inflazione e il contestuale trading-down di basket e canale messo in atto dai consumatori abbiano penalizzato le fasce alte presenti a scaffale. Si pensi infatti che le vendite di spumanti Metodo Classico sono diminuite a volume del 9% contro un calo dell’intera categoria inferiore al 3%, così come tra i vini fermi e frizzanti (-6,9%), quelli che hanno perso di più sono stati i Dop (-8,1%). E per la prima volta dopo svariati anni di crescita, anche i vini biologici hanno registrato una battuta d’arresto in Gdo, subendo una riduzione degli acquisti di circa il 6% rispetto all’anno precedente.

 

Dal 2022 all’anno in corso. Quali sono le tendenze di mercato per questo primo scorcio di 2023 e cosa ci dobbiamo attendere per i mesi futuri?

A differenza degli anni passati e proprio a causa del peggioramento del contesto economico, vendite e consumi di vino hanno toccato il punto di minimo a fine anno, sia per quanto riguarda il mercato nazionale che internazionale. È infatti a causa di questo deterioramento se non siamo riusciti a raggiungere gli 8 miliardi di euro di export che, ancora in autunno inoltrato, sembravano a portata di mano. Con il prolungarsi di questo scenario negativo, anche il 2023 è iniziato con il segno meno. I dati relativi alle importazioni di vini italiani nei top 10 mercati mondiali evidenziano una riduzione cumulata per il primo bimestre 2023 di circa il 2% a valori e del 3% a volumi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sul fronte dei valori, figuravano in crescita gli acquisti dagli Stati Uniti, dal Giappone, dalla Francia e dalla Norvegia mentre risultavano in calo da Uk, Germania, Canada e Cina. Per quanto riguarda invece il mercato nazionale e, in particolare le vendite di vino in Gdo, il primo trimestre di quest’anno mostrava un’ulteriore diminuzione dei volumi di quasi il 6% (sempre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Questi trend spiegano l’aumento nelle giacenze in cantina che, sempre a fine marzo, risultavano in crescita del 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con punte vicine al +9% per i vini Dop.
È quindi evidente come un possibile miglioramento dei trend di mercato del vino sia strettamente dipendente da un allentamento delle tensioni inflattive e da una riduzione delle incertezze legate al quadro economico. Condizioni che sembrano effettivamente migliorare a partire da marzo sia a livello nazionale che mondiale, con una decelerazione graduale dell’inflazione e un clima di fiducia dei consumatori in netta progressione, soprattutto in Italia.