L’Europa la smetta di demonizzarci L’Italia è un modello per lo stile di vita alimentare

di Riccardo Cotarella

 

Mentre Charles Pierre Baudelaire nel 1800 scriveva che “Se il vino sparisse dalla terra, credo che nella salute e nell’intelligenza dell’uomo si formerebbe un vuoto, un’assenza di molto più spaventosa di tutti gli eccessi dei quali il vino è fatto responsabile”, oggi c’è un’Unione europea che non solo si prefigge come obiettivo la diminuzione di alcol del 10% entro il 2025, ma addirittura di cambiare, forse anche radicalmente, le nostre abitudini alimentari. Se l’alcol, ma forse sarebbe meglio dire il vino, resta per la Commissione europea il “nemico” prescelto da combattere – ormai è chiaro ai più – a rischio vengono però messi tutti gli stili di vita alimentari sui quali il nostro Paese fonda le proprie radici. E francamente, a nostro modesto modo di vedere, la cosa è inaccettabile.

Senza una ragione apparente, anche a fronte di tesi e ricerche scientifiche contrapposte, le Istituzioni che albergano a Bruxelles sembra proprio che si siano messe in testa di stravolgere a colpi di leggi e leggine secoli di buone pratiche enogastronomiche che hanno contribuito a rendere l’Italia uno dei Paesi, anzi il Paese, migliore al mondo in cui vivere. Non ci stancheremo mai di ricordare che la nostra dieta mediterranea è un patrimonio dell’Unesco e universalmente riconosciuta come lo stile culinario migliore da adottare per garantire la buona salute delle persone. Lo riconoscono tutti, tranne che l’Europa. Peccato, perché basterebbe andarsi a leggere un po’ di numeri elaborati dall’Istituto nazionale di statistica per rendersi conto che l’alimentazione italiana – compreso un buon calice di vino ai pasti – garantisce buona salute e longevità. L’Istat ci ricorda che al 1° gennaio del 2021 in Italia si contavano 17.177 centenari e ultracentenari vissuti in epoche dove il vino era considerato addirittura un importante alimento. Ma in termini assoluti, il dato più interessante è che l’Italia è tra le nazioni più longeve al mondo, con un’aspettativa di vita che sfiora gli 84 anni. Noi enologi non siamo medici e tanto meno scienziati della salute, ma crediamo che le statistiche che annualmente ci vengono proposte qualcosa vogliano dire. Non andando oltre la semplice deduzione, questi numeri ci raccontano in maniera inequivocabile che il nostro stile di vita alimentare, fatto di autentiche eccellenze della tavola, è un modello. L’Europa, invece di demonizzare le nostre carni, i nostri salumi, i formaggi e i vini, dovrebbe decidersi di avviare uno studio serio e approfondito sulle nostre produzioni agroalimentari, cercando di comprenderne tecniche e segreti che li rendono così unici. Un modello che poi andrebbe proposto al resto d’Europa, in particolare a quei Paesi che tradizionalmente non hanno mai brillato per stili di vita particolarmente virtuosi. Invece, accade che le nostre meravigliose produzioni vengono messe nel mirino, con L’Ue pronta a suggerirci e magari imporci, alimentazioni a basi di carni sintetiche e farine di grilli.
A volte viene da pensare che a Bruxelles ci ritengano degli scriteriati che a tavola esercitiamo quotidianamente degli atti autolesionistici e questo suscita una sensazione, quantomeno, di fastidio. Nessuno, meglio degli italiani, sa cosa significhi mangiare e bere in maniera consapevole. Popolazioni con problemi di alimentazione e di alcolismo sono altre e questo sia chiaro all’Europa. L’Ue non lavori in nome di chissà quale occulto interesse, ma si adoperi per valorizzare e promuovere il meglio delle produzioni agroalimentari. Ma soprattutto metta in atto una serie di iniziative tese a diffondere la cultura del mangiar sano laddove invece prevalgono diete a base di grassi e dove non si beve per degustare, ma per eccedere. Ci auguriamo che Bruxelles possa avviare un nuovo percorso che non abbia come obbiettivo l’omologazione culturale e alimentare dei popoli e preveda quindi il rispetto delle tradizioni culinarie e non solo (…) di ogni singolo Paese.