I vini dealcolati sotto la lente – Prima parte

di Luigi Bonifazi

Il Reg. (Ue) 2021/2117, oramai da più di due anni, ha reso possibile la produzione di vini fermi, vini spumanti e vini frizzanti dealcolati e parzialmente dealcolati. Si è trattato di un’innovazione normativa che ha fatto molto discutere e che ha visto dividere gli operatori tra la frangia dei più tradizionalisti da una parte, e quella dei più innovatori, che vedono comunque la possibilità di apertura di nuove opportunità di mercato laddove le bevande alcoliche in genere ricevono attacchi per motivi salutistici di cui si discute ampiamente. È lo stesso Reg. (Ue) 2021/2117 che, nei Consideranda in testa all’articolato, fa notare come il consumo delle bevande a basso contenuto alcolico e senza alcol sia sensibilmente cresciuto negli ultimi anni, tanto che la produzione di vini dealcolati potrà intercettare delle nuove tendenze di consumo. Del resto, secondo una recente indagine Wine Monitor, i vini del futuro dovrebbero garantire una bassa gradazione per poter essere accettati dai moderni consumatori che ricercano, generalmente, vini più leggeri, meno strutturati e di facile beva.

Un quadro normativo in attesa di essere completato

La norma comunitaria apre quindi ad un ampio ventaglio di opportunità, mentre le disposizioni di livello nazionale ancora non sono state aggiornate impedendo ai produttori italiani di poter operare e proporsi come players in un campo ricco di opportunità. Un ostacolo importante viene da alcuni limiti del Testo unico del vino (la Legge 12 dicembre 2016, n.238) che non poteva prevedere, al momento della sua scrittura, la necessità di presidiare una materia che sarebbe stata introdotta diversi anni dopo. E così l’assenza di disposizioni inerenti alle modalità di gestione della soluzione idroalcolica proveniente dalla dealcolazione, di reintegro dell’acqua endogena ottenuta dal processo, e dei requisiti di promiscuità degli stabilimenti enologici, impedisce di fatto ai produttori italiani la realizzazione dei vini dealcolati o parzialmente dealcolati.
In attesa di un atto legislativo nazionale che modifichi le disposizioni del Testo unico del vino, i dettagli normativi a livello comunitario si arricchiscono con la pubblicazione della comunicazione della Commissione Ue C/2024/694, contenente alcuni quesiti di carattere applicativo inerenti la norma sui vini dealcolati e parzialmente dealcolati, con le relative risposte degli esperti dell’Unione europea.
Un prezioso contributo – un po’ sulla falsariga di quanto successo con le Linee guida Ue sull’etichettatura degli ingredienti e della dichiarazione nutrizionale – ad una materia certamente bisognosa di chiarimenti riguardo ad alcuni aspetti relativi alla gestione dei processi ed all’etichettatura dei nuovi vini “low alcol”.

Le regole dei vini dealcolati

Si tratta di vini fermi, vini spumanti e frizzanti con un titolo alcolometrico effettivo non superiore a 0,5% vol (vini dealcolati) o tra 0,5% vol e la gradazione di 8,5% vol (vini parzialmente dealcolati) che rispettano l’inquadramento merceologico previsto dall’allegato VII, parte II dell’Ocm (il Reg. (Ue) 1308/2013 modificato dal Reg. (Ue) 2021/2117). Viene Infatti mantenuta la possibilità di indicare come riferimento per l’etichettatura la denominazione “vino”, sebbene la definizione di questa categoria merceologica richieda una gradazione alcolica effettiva, fatte salve le eventuali altre condizioni stabilite dai disciplinari di produzione dei vini Dop e Igp, non inferiore a 9% vol (8,5% vol nelle zone viticole A e B).
In effetti non si tratta di nuove categorie merceologiche, oltre quelle indicate dal Reg. (Ue) 1308/2013 ma di indicazioni d’etichettatura: l’etichetta dei vini low alcol dovrà specificare pertanto la categoria (vino, vino spumante e vino frizzante) accompagnata dalle diciture “parzialmente dealcolato” o “dealcolato”. Per quanto riguarda i vini territoriali, pertanto con la rivendicazione di una Dop o di una Igp, non viene prevista la dealcolazione totale ma solamente la dealcolazione parziale, a patto che il relativo disciplinare di produzione venga opportunamente modificato con la puntuale previsione di questi nuovi prodotti e la descrizione delle caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche, delle pratiche enologiche utilizzate e delle eventuali restrizioni pertinenti alla loro produzione.

L’arricchimento esclude la dealcolazione

La recente comunicazione della Commissione Ue (C/2024/694), è stata strutturata recependo 16 diversi quesiti (in questo primo articolo esamineremo solo i primi otto) presentati ai servizi della Commissione Ue, cui sono state fornite risposte da parte degli esperti degli Stati membri.
Per prima cosa viene chiarito che è impossibile riconoscere come prodotti dealcolizzati quelli provenienti da processi di eliminazione dell’etanolo in combinazione con un aumento del tenore di zuccheri nel mosto di uve: già il Reg. (Ue) 2021/2117 sottolineava, infatti, l’incoerenza dell’aumento del tenore alcolico del vino e la successiva rimozione dell’alcol. La Commissione aggiunge che lo spirito della norma non consente una contestuale pratica di arricchimento nel mosto di uve, ma neppure negli altri prodotti a monte del vino, come l’uva o il vino nuovo ancora in fermentazione destinati a dare vini dealcolati, confermando la regola di carattere generale per la quale le pratiche enologiche che hanno obiettivi opposti sono vietate. La materia riguarda da vicino i produttori tedeschi perché la maggior parte del vino di base prodotto in Germania si ottiene tramite arricchimento.

Taglio di vini con vini dealcolati

a delle materie solitamente più ricche di casistiche ed interpretazioni normative è quella del taglio dei vini, e non fa eccezione il caso dei vini dealcolati: la considerazione di base sta nel fatto che, per ottenere vini dealcolati o parzialmente dealcolati, è necessario realizzare uno o più processi di dealcolazione, mentre la riduzione del tenore alcolico non può provenire dal taglio di un vino con uno dealcolato o parzialmente dealcolato. La Commissione spiega infatti che il procedimento del taglio di vini di diverse categorie sarebbe elusivo rispetto alla norma, la quale richiede appositamente un processo di dealcolazione per l’ottenimento di vini che si possano fregiare in etichetta di questa indicazione.
Pertanto, dal taglio di una partita di vino non dealcolato con un vino totalmente dealcolato ne risulterebbe un ”vino” se il tenore alcolico risultante fosse pari o superiore a 8,5-9 % vol (a seconda delle aree viticole di riferimento), mentre nel caso in cui la bevanda ottenuta avesse un titolo inferiore a 8,5-9 % vol, non si potrebbe chiamare “vino” perché non si raggiungerebbe il tenore alcolico minimo per questa categoria di prodotto: ma non potrebbe nemmeno essere chiamato “vino parzialmente dealcolato” in quanto la riduzione del tenore alcolico deriverebbe da un processo di miscelazione e non da un processo di dealcolazione parziale. Il prodotto risultante da tale miscela potrebbe essere commercializzato solo a condizione che non venga designato come “vino parzialmente dealcolato” e che il consumatore sia adeguatamente informato sulle sue caratteristiche conformemente al Reg.(Ue) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
Dall’assemblaggio di due partite di vini parzialmente dealcolati sarà invece possibile mantenerne la categoria, visto che provengono entrambe da prodotti derivanti da processo di dealcolazione.

La dealcolazione dei vini spumanti

Di certo la categoria dei vini spumanti a basso contenuto di alcol potrebbe costituire una delle opportunità di mercato più interessanti. Le tecniche di dealcolazione oggi disponibili non garantiscono l’eliminazione dell’etanolo dai vini spumanti mantenendo nel contempo il loro contenuto di anidride carbonica, così come le attuali tecniche di fermentazione non consentono di effettuare una seconda fermentazione senza produrre alcol.
Una prima considerazione della Commissione Ue, infatti, è data dalla impossibilità di produrre vini spumanti dealcolati attraverso la seconda fermentazione alcolica di una partita di vino base dealcolato: la seconda fermentazione alcolica porta necessariamente alla formazione di anidride carbonica e di etanolo, dando come risultato un prodotto che non potrebbe essere “vino spumante dealcolato”, ma che potrebbe rientrare nella definizione di “vino spumante parzialmente dealcolato” ed etichettato come tale. La produzione di un “vino spumante dealcolato” (quindi con titolo alcolometrico effettivo non superiore a 0,5% vol) sarebbe comunque possibile utilizzando una partita di vino base dealcolato al quale venga aggiunta anidride carbonica esterna in quantità sufficiente da raggiungere la sovrappressione minima prevista.

Un quadro normativo stabile per l’etichettatura

Relativamente ai vini dealcolati e parzialmente dealcolati la norma non subirà ulteriori modifiche rispetto a quanto previsto dal Reg. (Ue) 1308/2013 e dal Reg. (Ue) 2019/33 mentre, in assenza di specifiche disposizioni, dovranno essere applicate le regole di carattere generale indicate in materia di etichettatura e presentazione previste dal Reg. (Ue) 1169/2011.
Pertanto, le norme di base dell’etichettatura rimangono le stesse, tanto che sarà possibile indicare in etichetta l’annata o il nome della varietà di uva da vino utilizzata se verranno soddisfatte le condizioni applicabili per tali indicazioni: varrebbe il principio secondo cui il prodotto ottenuto (dealcolato o parzialmente dealcolato) “porta con sé” tutte le caratteristiche/diciture che aveva il vino di base (ad es. annata “2023”, varietà “Chardonnay” ecc.).
Ma gli operatori del settore guardano ancora più avanti: una delle domande fatte alla Commissione Ue riguarda infatti la possibilità di utilizzare denominazioni di vendita meno “tecniche” per presentare questa nuova categoria di prodotti vitivinicoli, in grado di far comprendere, anche ai consumatori meno informati, l’informazione di base per consentire una scelta comunque consapevole. Sono state avanzate delle proposte (ad es. nel caso dei vini dealcolati si pensa a forme certamente più semplici e comprensibili come “vino analcolico”, “alcohol-free wine” in inglese, “alkoholfreier Wein” in tedesco) che potrebbero legittimamente completare – ma non sostituire – i termini previsti dal regolamento comunitario (in questo caso il termine “dealcolato” che costituisce una indicazione obbligatoria), purché non vadano in conflitto con la norma generale sull’etichettatura in merito alle indicazioni volontarie (artt. 36 e 37 del Reg. (Ue) 1169/2011) in particolare riguardo alla possibilità di indurre in errore o confondere il consumatore.

Chiarimenti anche sulle pratiche enologiche

Intanto bisogna dire che le pratiche enologiche sono soltanto quelle ammesse dal Reg. (Ue) 1308/2013 e dal Reg. (Ue) 2019/934, ma non è detto che sia necessario realizzarle solo sul vino base: è infatti possibile effettuarle anche una volta ottenuto il prodotto dealcolato o parzialmente dealcolato. Di particolare interesse è la materia riguardante la dolcificazione dei vini, pratica che è possibile effettuare alle condizioni stabilite dal Reg. (Ue) 2019/934 Appendice 10 parte D. Alla stessa maniera è possibile effettuare la dealcolazione su vini che contengono ancora una certa quantità di zuccheri non fermentati, purché il prodotto vitivinicolo di base abbia raggiunto i requisiti previsti dal Reg.(UE) 1308/2013 (ad esempio, nel caso del prodotto ”vino”, il titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 9% vol nella nostra area viticola e un’acidità totale espressa in acido tartarico non inferiore a 3,5 g/l, ossia 46,6 milliequivalenti per litro). Diviene pertanto possibile realizzare un vino dolce o amabile senza necessariamente ricorrere all’arricchimento, ma bloccando la fermentazione in modo da conservare una parte degli zuccheri naturali che rimarranno quindi nel prodotto di base, consentendo peraltro di controbilanciare l’eventuale aumento di acidità derivante dal successivo processo di dealcolazione.

 

LE REGOLE DEL PROCESSO DI DEALCOLIZZAZIONE

Reg. (Ue) 1308/2013, allegato VIII, parte I, sezione E)

E’ autorizzato ciascuno dei processi di dealcolazione sottoelencati, utilizzati singolarmente o congiuntamente con altri processi di dealcolazione, per ridurre parzialmente o quasi totalmente il tenore di etanolo nei prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II, punto 1) e punti da 4) a 9 (vini, vini spumanti e vini frizzanti):
a) parziale evaporazione sotto vuoto;
b) tecniche a membrana;
c) distillazione.
Inoltre, i processi di dealcolazione utilizzati non danno luogo a difetti dal punto di vista organolettico, mentre l’eliminazione dell’etanolo nel prodotto vitivinicolo non deve essere effettuata in combinazione con un aumento del tenore di zuccheri nel mosto di uve.