Il vino: l’isola che c’è…e sempre ci sarà

di Riccardo Cotarella

Un grande classico letterario della nostra fanciullezza e un fortunato album musicale – L’isola che non c’è – hanno ispirato, attraverso la parafrasi, il titolo di questo editoriale in cui presentiamo il prossimo congresso nazionale di Assoenologi che si svolgerà a fine maggio a Cagliari, dove le parole chiave che accompagneranno l’evento saranno competenza, sostenibilità e biodiversità. Il titolo del congresso sarà “Il vino: un’isola di valori”, che può sembrare solo un riuscito gioco di parole, che include il fatto che saremo nella splendida Sardegna, una delle isole più belle del mondo, direi
unica come unici sono i suoi vini, ma in realtà è un titolo che contiene una verità inconfutabile: il vino è una delle poche certezze granitiche che da sempre accompagnano la nostra filiera agroalimentare, la nostra economia, la nostra storia, la nostra tradizione, la nostra cultura. Le nostre vite. È un’isola fatta di sacrifici, sudore, ma anche di grandi soddisfazioni. Un’isola che richiede passione e amore e soprattutto tanta professionalità, Un’isola reale che per noi parte dall’Italia per poi espandersi a tutti i continenti della Terra, perché il vino e la vitivinicoltura sono un patrimonio mondiale.

È con questa consapevolezza che arriviamo all’appuntamento più importante di Assoenologi per questo 2024, a distanza di pochi mesi dal congresso di Brescia, ed è da questa consapevolezza che dobbiamo trarre giovamento per individuare le giuste direttrici che permetteranno al mondo del vino di continuare ad essere un’isola forte, sicura e soprattutto concreta.
Un approdo sicuro che qualcuno, periodicamente e con argomentazioni a dir poco inconsistenti, cerca di minare a colpi di bentonite, lieviti o mosti rettificati, parlando evidentemente di cose che non sa e che forse non ha nemmeno mai studiato. Personalmente e poi come presidente dell’Associazione degli enologi ed enotecnici italiani, da sempre mi batto contro il “fai da te” della vitivinicoltura. Una pratica pericolosissima che potrebbe avere anche dei risvolti negativi per la salute.
Una volta di più vale la pena spendere ancora due parole su questo concetto: la natura ci ha dato l’uva che è un frutto buonissimo e ce l’ha dato per due scopi, per mangiarla o per trasformarla in un prodotto che si chiama aceto, laddove il percorso è naturale. Se si vuole produrre vino, invece, occorre essere coscienti che è necessario deviare il percorso naturale ed è qui che interviene la mano dell’uomo – ergo dell’enologo – con la scienza conoscitiva e con l’esperienza, ma non con pratiche da apprendisti stregoni. Con la speranza che queste parole possano essere facilmente e finalmente comprese, non possiamo esimerci dall’affrontare ancora una volta le difficoltà che stiamo incontrando sui mercati. Quello che stiamo vivendo è un periodo che sta mettendo a dura prova ogni ambito economico-imprenditoriale e quindi anche quello del vino. Le crisi internazionali in atto stanno avendo un impatto molto forte sui costi di produzione e il clima generale che si vive nel mondo non aiuta i consumi. Siamo chiamati a un continuo e rinnovato sforzo di pragmatica aziendale per tenere in equilibrio le nostre imprese. In queste circostanze, il nostro essere sempre più enologi-manager diventi un valore aggiunto. In questo ci sia d’esempio il nostro compianto super presidente Ezio Rivella. Ma soprattutto è in questi momenti che occorre dare quel qualcosa in più in termini professionali per andare a produrre vini sempre più di eccellenza.
Al futuro guardiamo sempre con grande ottimismo, che è il vero motore dell’economia. E continuiamo a farlo con l’orgoglio, la passione e la scienza del nostro essere enologi. Lo abbiamo ripetuto più volte, siamo pronti a cogliere le opportunità che le nuove sfide ci metteranno di fronte. Ma soprattutto siamo sempre pronti a lavorare perché l’isola del vino sia sempre più determinante e perché no “felice”.