Serve un nuovo patto col Creato e con la scienza

di Riccardo Cotarella

 

 

Il Consiglio nazionale delle ricerche – a tutti noto come Cnr – e l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima hanno indicato come il 2022 può diventare l’anno più caldo di sempre, stando almeno alle temperature dei primi sette mesi. Luglio ha fatto registrare addirittura un +2,26 gradi sopra la media italiana dal 1800, da quando cioè vengono rilevati i dati, ad oggi. Dinanzi a tutto questo non si può certo restare indifferenti e occorre adottare immediatamente delle contromisure. Intanto, prendendo a prestito le parole di Brunello Cucinelli, imprenditore illuminato del cachemire italiano nel mondo, occorre fare un nuovo patto con il Creato in cui si possa “ricostruire un mondo diverso e una nuova umanità”. Il Covid, la guerra nel cuore dell’Europa, i cambiamenti climatici ci impongono riflessioni profonde non più rinviabili e l’adozione anche di nuovi stili di vita che possano mettere al riparo il nostro pianeta da una morte assicurata. Quello che sta accadendo in questi ultimi anni è qualcosa di inimmaginabile e preoccupante, abbiamo il dovere etico e morale di intervenire oggi con azioni concrete così da consegnare ai nostri nipoti ancora un futuro. Siamo chiamati a farlo in ogni settore della nostra quotidianità e quindi, a maggior ragione, anche in viticoltura che considero una delle fonti primarie della vita del mondo. Immaginate la bellezza e la straordinarietà del ciclo vitale di una vite che, nonostante tutto, rispetta ancora rigorosamente le quattro stagioni. Noi enologi possiamo pregiarci del fatto che sono anni che ci stiamo battendo e impegnando per una viticoltura di precisione e più sostenibile, ma anche noi siamo chiamati a dare un contributo, se possibile, maggiore. A iniziare dal diffondere la cultura della viticoltura applicata alla scienza e alla ricerca. Non lo è mai stato il tempo del fai da te, oggi meno che mai. Spazio agli apprendisti stregoni dell’uva e del vino non può esserci e noi, attraverso il nostro sapere, dovremo essere rigorosi e perentori nel chiudere la strada a qualsiasi velleità di questo genere.

Un contributo alla lotta ai cambiamenti climatici siamo chiamati a darlo attraverso risposte scientifiche, figlie di studi appropriati e soluzioni tecnologiche che mettano al sicuro i nostri vigneti e il vino che produciamo. Oltre alla nostra azione servono, inevitabilmente, anche impianti legislativi che consentano di far calare a terra alcune innovazioni. Questo mi consente anche di invitare il nuovo governo che verrà ad avviare un confronto con le categorie produttive del Paese, a iniziare da quelle che ruotano attorno al mondo del vino. Come spesso amo ripetere, l’Italia è un territorio che purtroppo non ha grandi giacimenti di petrolio, gas o miniere d’oro, ma ha una straordinaria agricoltura e un patrimonio storico-artistico unico al mondo. Il nostro oro si chiama vino e per di più è inesauribile e va salvaguardato con politiche adeguate.
Venendo più all’attualità in vigna, quando questo numero de l’Enologo andrà in stampa la vendemmia sarà stata già avviata su tutto il territorio nazionale. Il caldo record e l’assenza prolungata di piogge avranno sicuramente un loro impatto sul quantitativo delle uve raccolte, ma siamo ottimisti sulla loro qualità. Ovviamente non possiamo fare un discorso generalizzato, ci sono delle profonde differenze tra vigneti che distano l’uno dall’altro soltanto qualche chilometro, figuriamoci tra nord e sud del Paese. Saremo chiamati, come enologi, a un lavoro ancor più complesso ma questo non ci spaventa. Anzi, in qualche modo ci esalta e lo dico da tecnico e da presidente della più importante associazione che ci rappresenta. So di essere alla guida di una squadra di professionisti esemplari, i migliori al mondo, che proprio nelle difficoltà sanno trovare quelle soluzioni che nascono dallo studio, dalla ricerca e dall’esperienza. E non certo dall’improvvisazione.