Rari nantes in pelago profundo

di Riccardo Cotarella

 

Per il titolo di questo editoriale – Rari nantes in pelago profundo (sono rare le persone che sanno nuotare dell’oceano profondo) – ho deciso di attingere alla vecchia e saggia lingua latina, studiata da giovane presso la scuola dei Gesuiti, per sottolineare la fondamentale importanza di poter contare, in un momento così particolarmente complesso, su persone in grado di saper nuotare davvero in acque agitate come quelle in cui ci troviamo da qualche anno a questa parte. È questo uno di quei momenti del dentro o fuori. Il futuro del mondo del vino – concetto che si potrebbe serenamente estendere a tanti altri asset produttivi del Paese – passa attraverso le decisioni che saranno oggi prese, con coraggio e determinazione. Vale la pena ribadire che il vino italiano è un patrimonio economico e culturale da difendere e valorizzare perché è l’unica vera miniera d’oro inesauribile che può vantare il Paese Italia. Gli eventi degli ultimi tre anni – la pandemia, la guerra in Ucraina, il clima pazzo e l’inflazione alle stelle – sono stati e sono tuttora delle pericolose minacce che rischiano di minare alla base l’intero sistema produttivo se non si corre presto ai ripari. I produttori sono chiamati a sforzi immani, districandosi tra rincari delle materie prime e mercati in sofferenza per via di una capacità di spesa sempre più limitata delle famiglie italiane, chiamate a far conto con rincari del carrello della spesa che hanno sfiorato il 14%. Un problema che riguarda l’intera Europa, ma questo non vuol dire che “mal comune mezzo gaudio”, significa semplicemente che il problema è ancora più grande. Nelle difficoltà – e noi enologi lo sappiamo bene – abbiamo cercato in questi anni, in parte riuscendoci, di ricorrere a strategie che potessero quantomeno limitare i danni, sia sul fronte economico, sia su quello della produzione.

 

 

Ma alla luce di questo continuo concatenarsi di avversità, crediamo che diventi sempre più complicato immaginare di gestire le emergenze di volta in volta, quasi improvvisando o intervenendo con misure spot. È giunto il momento di lavorare a un nuovo Patto per la vitivinicoltura italiana. Un Patto che possa inglobare iter legislativi semplificati, rapidi, efficienti, ma anche quelli della comunicazione, del mercato. Quelle soluzioni tecniche e scientifiche che, ad esempio, i cambiamenti climatici stanno imponendo. Siamo chiamati ad agire in fretta ed è in questo contesto che c’è bisogno di donne e uomini preparati e coraggiosi che sappiano nuotare nei fondali più insidiosi. Donne e uomini che vanno ricercati nelle pieghe delle istituzioni, della politica e soprattutto tra i protagonisti diretti e indiretti del mondo vitivinicolo. È questo il tempo delle grandi decisioni, quelle che tracceranno il futuro della vitivinicoltura e dell’enologia. Decisioni che dovranno dare risposte certe e stabilità legislativa ad ogni singolo imprenditore. Ed è proprio nel tentativo di dare continuità al lavoro dei produttori del vino che occorre immaginare questo grande Patto che metta al centro degli interessi nazionali la miniera d’oro inesauribile che si chiama, appunto, vino. Contrariamente saremmo destinati a operare in un contesto di solitudine imprenditoriale che si risolverebbe, in pochi anni, in una guerra tra poveri a favore di altre realtà produttive maggiormente inclini a fare squadra e muoversi in sinergia. Se per il nuovo Patto servono persone di grande valore, anche per condurre al meglio la vendemmia in corso occorrono enologi di grande sapienza, appassionati del proprio mestiere. Siamo chiamati ad agire in uno dei contesti più complicati di sempre, dove le viti e le uve sono state pesantemente stressate dalle estremità climatiche che hanno favorito anche serie malattie patogene. Ma se per cause di forza maggiore dobbiamo arrenderci a un evidente calo della produzione, non possiamo esimerci a dare il meglio di noi stessi per garantire un elevato standard qualitativo dei vini che andremo a produrre in questo 2023. Cari colleghi enologi, mostriamo una volta di più che noi sappiamo nuotare anche nelle acque più profonde e agitate.